ABITARE Il fatto di vivere, Lucilio mio, è un dono degli dèi immortali, il fatto di vivere bene, della filosofia,â¦ Ma i primi uomini e la loro progenie seguivano con purezza la natura.â¦ Secondo me la filosofia non ha escogitato questi congegni di tetti che sorgono sui tetti, di città  che incalzano le città .â¦ Che dici? La filosofia ha insegnato agli uomini ad avere chiavi e serrature? Non era dar via libera all’avidità ?

La filosofia avrebbe innalzato dei tetti che sovrastano così pericolosamente chi vi abita?â¦ Credimi, era felice quell’epoca senza architetti, né decoratori.

(Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XIV, ep.90, 1, 4, 7, 8, 9. Traduzione di P. Sanasi)

Angelo Chemin

Anna Marson nella sua opera pone una serie di interrogativi e riflessioni con l’intento di capire i rapporti tra i luoghi, i territori e il senso del nostro abitare.

Abitare, quanto al suo significato, è un frequentativo del latino habeo e originariamente significa ho in serbo; tengo, posseggo, occupo; ho. L’abitare, nel pensiero, si configura come nell’essere dentro un qualcosa che è territorio e casa che divengono abitazione. Sotto questa prospettiva parte della storiografia è basata sullo studio dei confini: del villaggio, dei beni comunitativi, dei singoli entro la comunità  e dei ‘termini’, tenendo presente che questi elementi sono contemporaneamente entità  economiche, giuridiche e simboliche.

Nella società  arcaica il porre termini o limiti si può sintetizzare nella radura (lucus), nel pascolo, nel recinto che diviene il campo o altro e nelle ‘mura’ che delimitano e rappresentano il villaggio divenuto civitas, notando âcome sottolinea Anna Marson – che il ‘porre termini’ è sempre una violenza e una dissacrazione della natura che di per sè è del tutto interagente tra le sue parti e non ha confini.

E’ importante riflettere sull’origine e il senso dell’abitare e del costruire che è dato da una pluralità  di elementi in cui emergono gli abitanti, l’economia,  la complessità  e il rapporto con gli elementi della ‘natura’ sia fisici che simbolici.

Avviene l’intrecciarsi del senso e del significato dei luoghi e della loro qualità   con la trasformazione dovuta all’antropizzazione. In qualsiasi forma dell’antropizzazione e in tutti i momenti in cui questa ancor oggi si realizza, è fondamentale il momento in cui si attua  il passaggio dall’uomo inserito nel sistema della natura (un tempo come raccoglitore-cacciatore), all’uomo che ‘incide’ la natura e la tellusmater.

Il concetto fondamentale cui fare riferimento è quello di equilibrio.

Ogni volta che si interviene sul territorio-natura si cambia la natura del territorio, cioè di un equilibrio che ha permesso alla vita e alla sua storia di realizzarsi. Presso gli antichi la coscienza di questo era presente. Un esempio storico lo troviamo nella civiltà  romana. Tra le operazioni agrarie più importanti, assegnate nel calendario sacro romano al mese di luglio, era la creazione delle radure necessarie per gli insediamenti e le colture. L’operazione era il conlucare, le corrispondenti festività  cadevano nei giorni dei Lucaria posti il 19 e 21 luglio (Georges Dumézil, Feste romane, Genova 1989, p. 45). Il lucus è Locus arboribus consitus et religione sacer (Forcellini, Lexicon totius latinitatis, Lucus.). E’ un luogo non coltivato, luogo consacrato non toccato da vanga o da scure. Il termine risente di una ambiguità  perché etimologicamente è ‘radura’ mentre nell’accezione usuale è ‘bosco sacro’.

L’operazione agraria prevedeva diversi tipi di intervento: il semplice taglio dei rami degli alberi in modo da far più luce, il taglio degli alberi raso terra, l’estirpazione delle radici e la loro combustione, creando così un terreno agrario.

Catone (De re rustica, 139,140) riporta il formulario del sacrificio espiatorio che si deve compiere quando si intraprenda un disboscamento: Si deus si dea es, quoium illud sacrum estâ¦ ‘Chiunque tu sia, dio o dea, a cui questo luogo è sacro, sia giusto sacrificare un porco quale offerta espiatoria, in vista della violenza a questo luogo consacratoâ¦’ Se poi si deve scavare è necessario un secondo sacrificio espiatorio.

E’ importante questo dubbio: si deus si dea es, perché comunque boschi e sorgenti sono sempre sacri sia che lo si sappia esplicitamente o no. E’ un dubbio basato sulla certezza che comunque si è intervenuti sulla Terra percepita come Madre.  Questa sacralità  non ha impedito agli agrimensori romani di realizzare quei grandi segni sul territorio che sono, ad esempio, le centuriazioni, che però non avevano perso il senso dell’equilibrio tra sfruttamento e risorse. Gli archetipi dei quattro elementi â terra, aqua, aer, ignis – erano ancora esplicitamente presenti e quindi operanti, anche se, come già  nota Seneca, i semi della dimenticanza che poi diventa inevitabilmente ibris-presunzione, erano già  germogliati. I ‘tetti che sovrastano così pericolosamente chi vi abita’ ricordano in certo qual modo la biblica torre di Babele che sconvolge l’equilibrio volendo raggiungere il cielo. E’ interessante che nel mito ripreso dalla Bibbia la confusione creata dagli architetti sia posta insieme a quella delle lingue che diviene un non comprendere, un non capire che è esattamente il contrario del comprendere anche come abitare.

Portando nel contesto della pianificazione del territorio le considerazioni di Anna Marson, è da sottolineare come la conoscenza della storia delle trasformazioni sia importante per capire il genius loci e mettersi in ascolto: si deus si dea esâ¦! Le trasformazioni sono sempre potenzialmente pericolose perché possono portare al ‘non luogo’, per questo è necessaria l’umiltà  della conoscenza che si acquisisce attraverso il dialogo, l’indagine, la conoscenza, l’ascolto e l’attenzione ai segni che ogni luogo e territorio porta in sè.

Considerazioni di questo genere portano inevitabilmente ad altre e inducono il desiderio di altri approfondimenti.

Nella prassi attuale della pianificazione ben poche sono le volte che è portata avanti una indagine sulla storia del territorio che ne indaghi i significati e le trasformazioni di questi. Sono sì cresciuti gli apparati che collazionano singole ‘storie’ con il procedimento del copia-incolla di testi tratti dai cultori della storia locale, ma raramente si sa utilizzare l’insieme degli strumenti di indagine suggeriti dalle scienze storiche per arrivare all’ ‘armatura culturale’ del territorio che è a sua volta strumento indispensabile per una corretta programmazione.

Queste indagini non sono un aggiuntivo per ‘abbellire’ un lavoro concepito prevalentemente come un insieme di tavole o tabelle che permettano sostanzialmente, ritornando a Seneca, di costruire dove e come si vuole. Le riflessioni contenute in ‘Archetipi di territorio’ stimolano a guardare più in profondità . Le ‘regole’ devono essere estratte, con il principio della maieutica socratica, contemporaneamente dal luogo e dall’uomo che vi abita e, caratteristica primaria dell’uomo, è il linguaggio che è essenzialmente simbolizzare; e la pianificazione di un territorio e l’architettura sono anch’esse linguaggio.

Simbolizzare gli aspetti di un territorio diviene necessario per tradurne i caratteri naturali in un oggetto, un edificio, una trasformazione territoriale che così diviene una imago mundi, un microcosmo dove sono radunati insieme funzioni e significati creando così un centro e un luogo.

Il luogo diviene la visualizzazione delle cose e dei simboli, radunati per poter vivere-abitare, per avere (abitare da Habeo) dove stare (sistere e ex-sistere).

Il pianificare, trasformando un sito in luogo, tende a creare una stabilitas, anche se i luoghi, per loro natura, sono soggetti alle leggi del mutamento. In questa stabilitas, a volte erroneamente intesa come ‘invariante’, che è nascosta e abbisogna di attenzione e umiltà , si cela lo spirito guardiano proprio di ogni identità : il genius loci.

Il genius loci fa sì che un luogo esista o ‘voglia’ e possa esistere: sta all’uomo con il senso e consenso del genius, portarlo all’essere. La scienza e la tecnologia – indispensabili – non devono e non possono liberare dalla dipendenza dai luoghi, e l’aver presupposto – incautamente – che invece fosse possibile, ha portato al caos e al degrado dell’ambiente, che sono una nemesi insita nella perdita dell’equilibrio tra l’uomo e i luoghi.

L’uomo abita tra terra e cielo e diviene essenziale capire questi due elementi primari che costituiscono il ‘confine’ dell’essere in un luogo e contemporaneamente questi deve entrare dentro la loro interazione, deve cioè fare esperienza, nella concretezza, dei loro significati, del loro essere distinti e della loro interazione. Basti pensare all’esperienza dell’acqua, altro elemento costituente della natura, che è sia in cielo che sulla e dentro la terra. L’esperienza di questi elementi interagenti diventa fondamentale nella percezione del proprio essere e dell’essere nella natura.

L’essere nella natura diviene abitare che archetipicamente è habere fare proprio, aver ottenuto in possesso, conservare, avere in serbo.

Un comprehendere è alla base dell’abitare e implica un essere dentro e contemporaneamente una trasformazione. Come trasformazione è sempre un atto fondativo e diviene il ‘luogo proprio’, la nostra dimora. L’atto fondativo ha in sè una struttura di significati che dà  origine ad un ‘raccontare’ il come e il perché di questa trasformazione ed è il mito dell’origine che -coinvolgendo terra e cielo che sono i ‘termini’ dell’abitare- diviene cosmogonia e poi cosmologia. Abitare, all’inizio, significa essere incorporato nella natura e conoscerne, attraverso l’esperienza, le sue forze e i significati.

‘Archetipi di territorio’ si presenta come un insieme di scritti in continua evoluzione e che richiamano alle molte dimensioni dell’atto dell’abitare: è una specie di caleidoscopio in cui le componenti di base, essenziali, mostrano immagini molteplici e a volte inaspettate, riprendendo in vari modi l’idea che, mentre si mette in atto ogni procedimento che porta inevitabilmente ad una trasformazione, è fondamentale il riflettere, il comprendere e il comunicare.

Domenico Patassini

Il testo è un j’accuse ad uno stupro planetario che, oltre a stordire la vittima, disorienta i responsabili, svuotando di senso la loro vita e la vita dei luoghi che abitano. Secondo l’autrice questo atto distruttivo deriva dalla ‘perdita degli archetipi’, di riferimenti possibili, travolti dalle contingenze dell’incerto e divenuti ‘elementi di rischio’. Nella contemporaneità  gli archetipi sembrano costituire un pericolo, la misura del nostro fallimento, denotano situazioni di vulnerabilità  e mettono in guardia chi vi si espone. Si tratta di tre componenti che definiscono il rischio come carattere saliente della società  contemporanea1.

Paulo Coelho ricorda che il tema dei quattro elementi è stato rimosso dalla riflessione contemporanea.

Eppure, quando si penetra nel vivo dei significati dei quattro elementi si procede all’indietro, verso un mondo basato su analogie, su echi tra le realtà .

Per citare Baudelaire: un mondo di corrispondenze. Un pizzico di sabbia non è solamente un composto chimico, ma anche una porticina che si apre proprio sull’essenza delle leggi cosmiche che regnano sulla nostra psiche. Il concetto stesso di ‘utilità ’ è diverso in questa forma mentis.

In verità , cosa c’era di utile nel tentativo dei filosofi di capire l’unità  e la molteplicità , secoli prima di Cristo? Il mistero della vita? La volontà  degli dei? Per comprendere i quattro elementi occorre [â¦] ritornare ad un mondo in cui gli dei regnavano sovrani sugli uomini, a un mondo in cui la curiosità  e gli interrogativi erano intimamente collegati al sovrannaturale, a ciò che si nascondeva dietro la superficie delle cose. A un mondo in cui la trascendenza era considerata più ‘reale’ dell’immanenzaâ¦ La natura era percepita come una e l’uno era divino. Si pensava che gli elementi avessero delle corrispondenze con le stagioni; le stagioni erano intimamente collegate con le divinità  e dominavano i comportamenti morali’. Proprio per questo al centro del bisogno degli uomini c’era l’osservazione del mondo. I filosofi presocratrici, Eraclito ed Empedocle in particolare, indagarono con costanza il concetto di cambiamento, ma in un modo specifico: ‘il sapere riguardava la percezione di una continuità  fra noi stessi e ciò che era al di fuori di noi. Senza la necessità  di renderlo ‘utile’ a fini pratici. L’obiettivo era un altro: raggiungere la saggezza. Pertanto, il sapere non era la dissezione della realtà , ma piuttosto la sua conoscenza profonda â sotto forma di intuizione e non solo di razionalità ’2.

Per Empedocle, padre delle ‘quattro radici’ (divennero ‘elementi’ con Platone), ‘il cambiamento era il risultato di due forze che si combinavano costantemente attraverso gli elementi: l’Amore e la Contesa. Con l’amore le radici si univano in una miriade di modi e con la contesa si allontanavano l’una dall’altra’. E gli umani erano il risultato di queste due forze. Empedocle, considerato un mago e chiamato ‘colui che ferma il vento’, ‘vedeva la creazione come (una) tela permanente in cui gli elementi, come i colori, si mescolavano, si contaminavano a vicenda e costituivano non solo la diversità  della natura, ma anche il meraviglioso caos della vita’. Fuoco, aria, terra e acqua. ‘Il fuoco porta il movimento, l’aria porta l’ascensione, la terra il concetto di centralità , l’acqua  la fluidità ’. Gaston Bachelard (citato dall’autrice per i due famosi testi del 1942 e del 1949) chiamava gli elementi ‘gli ormoni dell’immaginazione’.

Archetipo. Etimo: da ‘arkè‘, principio, cominciamento, origine, inizio, prima causa, ma anche punto di partenza, estremità , capo, termine. Si attribuisce anche significato di comando, dominio, potere, autorità , governo. ‘Tipos‘ è impronta (di sigillo o conio), impressione, immagine, ma anche tipo, forma, genere. Più plasticamente: figura scolpita, rilievo, scultura, statua o monumento.

Nel linguaggio comune: modello, prototipo, primo esemplare, ma anche abbozzo, schizzo, delineazione, disegno, piano. Per una sorta di capovolgimento costitutivo, nel diritto diventa accusa, denunzia, sentenza o decreto.

L’uso più influente del termine viene fatto in teologia e filosofia, ma anche in psicologia. Nella tradizione platonica (e neoplatonica) archetipi sono le idee o i modelli eterni e trascendenti delle cose. In psicologia analitica, gli archetipi sono le immagini e i simboli di quella parte dell’inconscio collettivo che fa riferimento al patrimonio storico-culturale dell’intera umanità . Uno dei maggiori teorici dell’archetipo (se si esclude il Mircea Elide della ‘storia delle religioni’ e del ‘mito dell’eterno ritorno’) è Carl Gustav Jung (1875-1961), psicologo e psichiatra svizzero. Si contrappose a Freud (di cui fu tra i principali collaboratori) con l’opera Trasformazioni e simboli della libido (1912), rifiutando l’ipotesi secondo cui ogni fenomeno psichico sia riducibile alla sessualità  e all’inconscio individuale che la condiziona. All’inconscio individuale affiancò (senza contrapporlo)  il concetto di inconscio collettivo, introducendo così gli archetipi, immagini storicamente determinate e comuni alle donne e agli uomini in cui sono risolti i contrasti tra inconscio e coscienza e la cui manifestazione razionale si ha nel simbolo. Il simbolo diventa così reificazione dell’archetipo, figura razionale, ma al contempo mitica, se del mito si riconosce il valore ‘linguistico’, di trasmissione della conoscenza, ben sottolineato da Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend nel Mulino di Amleto, saggio del 1969 sul mito e sulla struttura del tempo.

La tela di Empedocle si è strappata e gli ormoni dell’immaginazione di Bachelard sembrano avere perduto la forza generatrice dei tempi mitici. Il Mito scompare dove la violenza dell’attacco biblico è maggiore (ne sono in parte esenti regioni asiatiche e africane).

Con la fine del Mito finisce la capacità  di ricordare e raccontare il passato comune ‘i giorni in cui stavamo assieme perché lo volevamo’ . E il mito finisce con la Bibbia. La storia di Giuseppe (vittima dei fratelli e degli egizi per invidia), assieme ad altre storie, ‘denuncia il credo su cui si basa la mitologia come un sistema di rappresentazione coeso e crudele: l’eroe mitico è colpevole e viene giustamente punito anche se si tratta di un dio e anche se alla fine riesce a ripristinare l’ordine delle cose. L’eroe biblico, invece, viene punito ingiustamente, perché è innocente. La Bibbia si oppone in modo perfettamente consapevole alle religioni mitologiche. Le taccia di idolatria e (probabilmente)â¦ la rivelazione della natura fallace del sistema ‘vittimario’ all’interno della mitologia, è parte essenziale della lotta biblica contro l’idolatria. Basta confrontare la storia di Caino e Abele con il mito di Romolo e Remo. Nella prima l’uccisione di un fratello è presentata come crimine e simultaneamente come atto fondatore di una comunità . Nella seconda l’atto fondatore non è considerato un crimine, è l’azione legittima di Romolo. Il punto di vista della Bibbia è lontanissimo da quello del mito’.

Per questo, con la fine del Mito l’identità  diventa concetto complesso.

‘La terra è un simbolo materno. Se la Grande Madre impazzisce e si ribella ai suoi figli, come potranno le piccole madri resistere salde nel proprio ruolo?’. Il recente terremoto dell’Aquila, così come ogni catastrofe naturale o voluta dall’uomo, riconosce che la ricostruzione più difficile è quella dell’anima. Dopo una catastrofe che distrugge i segni della vita, il primo impegno è ridare nome ai luoghi e misura al tempo. Qui riemergono gli archetipi come sopravvivenza.

Ci consolano, almeno in apparenza, isole ‘resistenti’ e poco nostalgiche, dove il pragmatismo nell’ibridazione offre opportunità . Basta guardare l’inedito. I Sami (lapponi) sono entrati nella modernità : controllano le renne con le motoslitte, e tra i blizzard che spazzano la tundra tengono sempre il cellulare incollato all’orecchio, guidano potenti 4×4 e per radunare le mandrie, capita perfino che usino l’elicottero. Il loro passaggio da una vita semi-nomade alla cultura informatica è stato immediato.’ Ma sotto questa patina tecnologica c’è uno stile di vita ancestrale, senza il quale gli allevatori di renne non saprebbero fronteggiare né i capricci di animali addomesticati solo per metà , né le bizze di un clima feroce’. Nel tempo i Sami hanno sviluppato un forte senso di adattabilità , un ‘movimento’ complesso per progettare con gli archetipi (limitare, rallentare, dare forma, ritrovare). A Kautokeino, in Norvegia, c’è l’Università  Sami, dove le antiche pratiche della pastorizia dialogano con la biologia moderna. Ma in Collasso (come le società  scelgono di morire o vivere) di Jared  Diamond (2005) se ne decreta anche l’impossibilità .

Non più ottimistiche sembrano le spinte verso un nuovo umanesimo. Le tre crisi simultanee (climatica, energetica, finanziaria, a cui si accompagna quella alimentare, strisciante come un serpente sotto le nostre tavole) hanno un’unica causa: l’avidità . Essa porta alla mancanza di cura  e alla disuguaglianza. E’ illusorio e inconsistente l’arbitraggio fra efficienza e solidarietà  (equità ), come ‘nulla può imporci la âmisura’ del nostro essere felici’. Il denaro (come dice Cacciari ) è universale proprio nel suo esprimere l’impossibilità  di una tale misura e l’inessenzialità  del nostro desiderio: tutto ciò che è comprabile è inessenziale.

E’ vero che la natura siamo noi, uomini o scarafaggi che camminano sulla ‘lama di rasoio’ dell’equilibrio bio-chimico di Gaia. Un equilibrio decisamente non antropocentrico. E’ vero che tutto è paesaggio, quando il punto di vista è di un essere animale, vegetale o minerale (o di una loro combinazione), fisso o in movimento. E ciò ispira i linguaggi, dà  il nome alle cose e aggiorna le definizioni in un dizionario infinito in cui ogni lingua aggiunge nuovi significati con l’imprecisione delle parole.

Spesso si falsifica il passato per poter rivendicare un futuro alternativo, come racconta Damon Galgut in l’Impostore (Guanda 2009) quanto descrive il Sud Africa post-apartheid. Qui gli archetipi possono essere ‘tradotti’ da oracoli a fondamento di civiltà . A loro uso e consumo, offrendo inedite visioni per riconoscere radici mitiche.

In modo discutibile si contrappone luogo a spazio, ritenendo il primo carico di significati e il secondo un loro discutibile supporto fisico, geometrico, logico-formale. E’ vero che ‘la distinzione fra luogo e non luogo passa attraverso l’opposizione del luogo con lo spazio’. Ma lo spazio può essere inteso come ‘luogo praticato’ e quindi assumere un significato più astratto di quello di luogo, ‘il cui impiego si riferisce quantomeno ad un avvenimento, a un mito o a una storia’.

Matrix contrappone ombre ad una terra ridotta a landa inospitale. Dai tempi di Platone l’umanità  si lambicca sulla reale consistenza di ciò che percepiscono i nostri sensi. E se fosse una ‘messa in scena’? Se, come diceva Philip K Dick (ispiratore di film come Blade Runner, Minority Report, Vanilla Sky, The Truman Show e quindi Matrix di Wachowski del 1999 â lì mi sono addormentato a fianco di Edwin stupefatto), la matrice spazio-temporale del mondo non fosse un’illusione, un ologramma?  Dick avanza l’ipotesi seguente: ‘Se si ammette che la nostra realtà  consiste in una sorta di quadro proiettato, apparirà  evidente che tale proiezione deve essere opera di un Artefatto, una macchina-insegnante simile a un computer che ci guida, ci programma e, in generale, ci controlla mentre agiamo inconsapevoli della sua presenza all’interno del nostro mondo proiettato’. Quando ci viene rivelato che il mondo non è che una simulazione informatica concepita per tenere il genere umano in schiavitù, Morpheus invita Neo a guardare in un televisore. Lo schermo mostra una landa desolata e inospitale: la Terra come realmente é.

In modo deteriore gli archetipi si confrontano ai diritti. Di più: diritti, capacità  e funzionamenti direbbe A Sen di ‘Lo sviluppo è libertà ‘. Ma anche con i beni comuni: diritti e libertà  fondamentali, priorità , capacità  e mezzi (beni primari) perché tutti ne possano godere. Secondo John Rawls, ‘requisiti e obblighi politici imposti dal diritto devono rispondere alla ragione e al giudizio dei cittadini’. ‘Questo requisito della giustizia di fronte alla ragione di ciascun cittadino è connesso alla tradizione del contratto sociale e all’idea che un ordine politico legittimo si fondi sul consenso unanime. Lo scopo di una giustificazione contrattualistica consiste nel mostrare che ciascun membro della società  ha una ragione sufficiente per acconsentire a tale ordine, per riconoscerlo, a condizione che gli altri cittadini facciano altrettanto. Le ragioni invocate devono essere ragioni dal punto di vista di ciascuna persona ragionevole e razionale’. Ma da dove vengono le ragioni invocate? Forse dalle donne, dal loro modo di intendere e salvare il mondo.

Dice Alain Touraine a proposito del mondo globalizzato e dell’eredità  del femminismo : ‘nelle nostre società  invecchiate, indebolite e allo stesso tempo addolcite, emerge con forza l’esigenza collettiva di combattere gli effetti negativi della modernizzazione, che ha creato forme di dominio estreme e ha distrutto la natura conquistandola. Noi cerchiamo di ricomporre un’esperienza collettiva e individuale che è stata lacerata. Si tratta di ristabilire una relazione tra i termini che le fasi anteriori della modernizzazione avevano contrapposto gli uni agli altri: il corpo e la mente, l’interesse e l’emozione, l’altro e il medesimo. E’ questo il grande progetto del mondo attuale, il progetto da cui dipende la nostra sopravvivenza, come ripetono i militanti dell’ecologia politica. Ma chi sono gli attori di questa ricostruzione?’.

Per Touraine sono le donne, perché la ‘nuova affermazione di sé da parte delle donne è direttamente e profondamente legata al rovesciamento culturale. Questo fa delle donne le attrici sociali più importanti, ma ha come contropartita il fatto che la loro azione non presenta le caratteristiche tipiche dell’azione dei movimenti sociali, fra i quali rientrava, in un passato ancora recente, lo stesso movimento femminista. Coscienza femminile e mutazione sociale non sono più separabili: le donne costituiscono un movimento culturale più che un movimento socialeâ¦Le donne, oggi, hanno, rispetto agli uomini, una capacità  maggiore di comportarsi come soggetti. Sia perché sono loro a farsi carico dell’ideale storico della ricomposizione del mondo e del superamento dei vecchi dualismi, sia perché mettono più direttamente al centro il proprio corpo, il proprio ruolo di creatrici di vita e la propria sessualità â¦’. In questa ricomposizione appare una originale lettura degli archetipi, un aggiornamento della sua accoglienza come inconscio collettivo, al femminile.

Vi sono luoghi che raccontano emozioni attraverso gli odori, l’aria, la percezione olfattiva . Il progetto è interconnettere, riappropriarsi dell’olfatto, persistente e invisibile interconnessione dei profumi del mondo con le strutture che li contengono. Il profumo è fratello del respiro . Il filo del profumo lega l’antichità  alla modernità , la vita di oggi a quella di ieri.

Oscar Wilde ne ‘Il ritratto di Dorian Gray’ scriveva che egli âtentò di scoprire le loro vere relazioni domandandosi perché l’incenso spinge al misticismo, mentre l’ambra eccita le passioni, le violette risvegliano il ricordo dei morti amori, il muschio turba l’intelletto, la magnolia ravviva l’immaginazione’.

Meno romantica, ma certo incisiva, è R. Carson quando dice: â¦ ‘se è vero che la nostra esistenza basata sull’agricoltura dipende dal suolo, non è meno vero che il suolo dipende a sua volta dalle forme viventi, dato che la sua origine e la conservazione della sua reale natura hanno un’intima connessione con la vita delle piante e degli animali. Il suolo, infatti, è stato parzialmente creato dalla vita, e la sua nascita può considerarsi il frutto di una sorprendente interazione, in epoche remotissime, tra viventi e cose inanimate. I materiali che lo costituiscono si riunirono insieme quando i vulcani li eruttarono come fiumi di lava ardente; lo scorrere delle acque sulla nuda pietra dei continenti corrose poi anche il più duro granito, e il morso del gelo e dei ghiacci spaccò e sconvolse le rocce. Poi gli esseri viventi cominciarono il loro magico lavoro creativo e, a poco a poco, quella materia inerte divenne ‘suolo’. I licheni, che per primi ricoprono la superficie rocciosa, favorirono il processo di disintegrazione con le loro secrezioni acide e crearono una piattaforma per nuove forme di vita: il muschio attecchì su piccole chiazze, sparse qua e là , di terriccio composto dalle rocce sbriciolate dai licheni, dalle spoglie di minuscoli insetti e dai resti di quella fauna che aveva cominciato a trasferirsi dal mare alla terra.

Così, non soltanto la vita formò il suolo, ma altre forme viventi di incredibile abbondanza e varietà  ora lo popolano; se ciò non fosse, il suolo sarebbe una cosa morta e sterile. Con la loro presenza e la loro attività  le miriadi di organismi stanziate nel suolo consentono ad esso di alimentare il verde manto della vegetazione terrestre. Il suolo è in uno stato di perpetuo mutamento e partecipa a cicli senza inizio né fine.Esso si arricchisce costantemente di nuovi materiali come, per esempio, i detriti provenienti dalla disintegrazione delle rocce, i residui della decomposizione di sostanze organiche, l’azoto e altri gas che la pioggia trascina giù con sé dal cielo. Al tempo stesso viene depauperato di altre sostanze che le creature viventi in esso traggono per le loro necessità  contingenti. Trasformazioni chimiche, delicate e assai importanti, si sviluppano di continuo per convertire gli elementi provenienti dall’aria e dall’acqua in composti utili ai bisogni delle piante. Ed in tutte queste modificazioni gli organismi viventi svolgono un’azione molto attiva. Archetipi, in un frammento di suolo senza Dio.

Note

1  U. Beck, 2001, La società  globale del rischio, Asterios, Trieste.

2  P. Coelho,’Colui che ferma il vento’, La Repubblica, 3/7/2008 (intervento alla Milanesiana), passim.

3  Idem, passim.

4  R. Girard,’I crimini di Edipo re. Quanto dista il mito dalla Bibbia’, La Repubblica, 27/4/2009.

5  E. Torbidoni intervistata da M Smargiassi, âLo psicologo sotto la tenda’, La Repubblica 17/4/2009.

6  P. Del Re,’Lapponia. Così il popolo delle renne vince la guerra del petrolio’, La Repubblica, 30/4/2009.

7  P. Rumiz, âRitorno alla terra. Ecco dove comincia il nuovo umanesimo’, La Repubblica 28/4/2009.

8  J. P Fitoussi, âLa crisi, i ricchi e il ruolo della solidarietà ’, La Repubblica 1/5/2009.

9  M. Cacciari, âLa logica del denaro e l’esistenza di Dio’, La Repubblica, 6/5/2009 (lezione per âI Classici’ di Bologna sul tema âRegina pecunia’).

10  P. Blanc, 2005, Le bonheur d’àªtre plante, Libella-Maren Sell Editions, Paris (trad. it. Bollati Boringhieri 2008).

11  M. Augé, 1993, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità , Elèuthera, Milano (ed. or. 1992), p. 27.  Idem, p. 75.

12  Idem, p. 77.

13 T. Pincio, âMatrix. Neo l’eletto figlio di Philip Dick’, La Repubblica, 4/4/2009.

14  J Rawls, âLiberalismo. Le cinque riforme di cui ha bisogno l’America’, La Repubblica, 25/3/2009.

15 A. Touraine, 2009, Il mondo è delle donne, Il Saggiatore. Le citazioni sono tratte da un estratto pubblicato da La Repubblica il  22/4/2009.

16  A. Barbara, A Perliss, 2009, Architetture invisibili, l’esperienza dei luoghi attraverso gli odori, Skira.

17  P. Suskind, Il profumo, Mondatoriâ¦

18  A. Somaschini,’Le architettura del profumo’, I viaggi di Repubblica’, n.147, 30/4/2009.