Com’è difficile capire!
Cosa insegna la crisi dei rifiuti della Campania? Non solo ai napoletani, ma a tutti noi? Che è molto facile, nel mondo contemporaneo, innescare effetti a catena e indesiderati nelle relazioni reticolari della società . Scontri politici, tensioni sociali, campagne d’informazione semplificanti, si sono sovapposte a catene reali e gravissime d’errori, con risultati temibili, quanto gli effetti della crisi stessa. Se per contestare una classe politica, all’interno di uno scontro squisitamente politico, basato anche sul giudizio di una cattiva gestione del problema, si delegittimano le istituzioni, diventa difficile intervenire per risolverlo. Perché nessuno crede più a nessuno. Se non mi fido, per esempio, dei pareri del Ministero della Sanità sui pericoli della crisi rifiuti, perché lo sospetto interessato a minimizzare, non ci sarà più nessuno cui credere, eccetto chi la spara più grossa. Se devo il Commissario dell’emergenza rifiuti (l’ex capo della Polizia) mi rassicura sulla sicurezza delle discariche, sulla base di dati in suo possesso, e poi lo stesso deve rivelare che aveva dati sbagliati, posso interpretare l’episodio come conferma della difdenza o come fiducia verso chi sa accorgersi in tempo degli errori. Oggi è difficile persino discutere di spazzatura a Napoli, a meno di non “gridare” un’anatema, di non accusare tutti di tutto, di non annunciare apocalittiche conseguenze. Non è facile nemmeno discuterne nei salotti, dove il tentativo di analizzare, separando ad esempio mozzarella e lotta politica, viene subito tacciato come “minimizzatore”, di”copertura” al potere, e così via. Com’è difficile capire! C’è un responsabile? Chi è il colpevole? Bassolino, per molti; ma lui si attribuisce poche colpe e dice che ci sono stati molti altri commissari. E allora la Fipe, società partecipata da Impregilo, che non ha gestito bene anzi, secondo i giudici che l’hanno rinviata a giudizio, insieme ad esponenti politici e amministratori, ha perseguito una “trufa preordinata, aggravata e ancora in corso d’esecuzione”. Ma non era sotto la precedente presidenza di centro destra che era stato concepito un piano “straordinariamente” moderno, ed attuata una gara d’appalto del servizio piena d’insidie? E poi ci sono i disoccupati e gli LSU assunti nei consorzi per la diferenziata, che non lavorano. E ancora, le industrie del nord che hanno versato rifiuti tossici, con la complicità della camorra nel Casertano e nel Napoletano. E di qui il sospetto della diossina nelle mozzarelle e in tutto quello che si mangia in Campania, almeno come è stato detto; e questo fino alla foto di un cranio di bufala, tipo deserto del Far West, presentata dalla didascalia di un giornale come bufala morta di diossina. Poi c’è anche il cittadino che esce di casa, supera una montagna di sacchetti e va protestare contro la riapertura provvisoria della discarica. E quando la protesta va a Porta a Porta e in tutte le televisioni, accende l’attenzione; e così accanto a cittadini preoccupati troviamo ultras degli stadi, non solo napoletani, che calano per una resa dei conti con la Polizia, e magari qualche violento, che non manca mai, più o meno attivato dalle organizzazioni criminali. “Imbroglio aiutami” (confusione aiutami) è un vecchio detto napoletano; e nella confusione sguazzano in molti, e si confondono le idee. Proviamo, invece, a separare le diverse componenti del problema, analizzandone in estrema sintesi le diverse criticit.
- Immaginare che un problema che riguarda ciascun cittadino, fosse delegabile ad una società che si sarebbe occupata di tutto.
- Predisposizione di un piano basato essenzialmente sull’incenerimento, e sulla chiusura delle discariche, nella cui gestione si ravvisavano interessi privati e talvolta collusioni criminali, senza sicurezza di chiudere il ciclo.
- Gara effettuata su base di un capitolato giudicato lacunoso e afdamento in base a criteri prevalentemente economici, pur in presenza di serie perplessità tecniche espresse dalla commissione di gara
- Assenza di una pianificazione pubblica efficace dei siti di stoccaggio e di termovalorizzazione, la cui scelta è stata afdata all’impresa aggiudicataria. La scelta dei siti anche provvisori di collocazione di eco-balle, ha attivato perversi interessi economici. La lotta delle popolazioni contro il termovalorizzatore, di fatto trasferiva il problema all’impresa aggiudicataria del servizio, ma è ridiventato un problema dell’amministrazione pubblica, con aiuti alla soluzione temporanea del problema, non previsti dal contratto iniziale.
- Mancato avvio della raccolta diferenziata, sostanzialmente alternativa alla logica lucrativa di trasportare rifiuti nei posti più lontani possibile, di stoccare grandi quantità d’ecoballe, da bruciare prima o poi nel termovalorizzatore, guadagnando sui contributi incentivanti originariamente concessi per l’energia prodotta.
- Uso della politica di emergenza e delle sue risorse finanziarie per incrementare tradizionali pratiche assistenzialistiche verso la disoccupazione (a volte con mansioni di dubbia efficienza), creando altri bubboni di difficile gestione, e difuso consenso in tutto l’arco delle forze politiche.
- Compresenza dello smaltimento illegale di rifiuti industriali del centro nord, a volte nelle discariche, frequentemente sequestrate in via cautelativa dalla magistratura, con conseguente aumento di difdenza delle popolazioni.
- Posizioni radicali e eccessivamente ottimiste verso il decollo rapido e immediato della raccolta diferenziata d’esponenti politici locali, di preti, di sindaci, con cui motivare il blocco delle discariche e dei termovalorizzatori.
- Incerto ruolo dei tecnici nel formulare pareri, e difusione di dati parziali, non sempre motivati, frequentemente amplificati dai media, tanto sul piano dell’inquinamento, che su quello epidemiologico, quanto, infine, sugli effetti della crisi dei rifiuti sul ciclo agro-alimentare.
- Frequente presunzione ed arroganza, e scarso ascolto, nelle gestioni commissariali, ivi compreso il concetto stesso d’amministrazione straordinaria per una cosa terribilmente ordinaria, che riguarda il nostro quotidiano e i nostri comportamenti.
Da dove ricominciare? Come arginare il cupio dissolvi ed il qualunquismo difuso, il mix micidiale di lotta politica e crisi dei rifiuti, lai concorrenza commerciale e la demonizzazione di prodotti campani? L’emergenza, tra spedizioni di rifiuti in Germania e discariche, forse finirà presto, ma poi? Non tanto paradossalmente si può ricominciare, proprio dal diferenziale tra l’immagine negativa e le possibili azioni positive che godrebbero di una proiezione immaginaria virtuosa. A patto di non farne una cosa solo tecnica, una procedura contrapposta ad un’altra. Per fare qualche esempio, oggi qualunque napoletano, anche il più individualista ed indiferente, sa che deve diferenziare la spazzatura, ma non sa come; non bastano campane per vetro, plastica, bidoni bianchi per la carta posti nei cortili. Bisogna partire dai sacchetti di casa, evitare i cassonetti per strada, perché lì il sacchetto non è più un problema tuo, ma del Comune. Se i sacchetti si depositano nei portoni è un problema “mio e del Comune” e possiamo reciprocamente controllarci. Ed in questa reciprocità c’è spazio per riconquistare fiducia tra cittadini e istituzioni; è un tipo di proposta non solo tecnica, ma fortemente politico-sociale. Ma se devo depositare la carta dei giornali, scoprirò che l’involucro di plastica è un fastidio in più che mi viene scaricato; e così tanti fastidi potrebbero generare packaging più semplici. Guardando, in un comune del napoletano, un grande cumulo di spazzatura, ho misurato che quasi la metà veniva dal fruttivendolo lì vicino. Ma il fruttivendolo ogni mattina va al mercato col suo camioncino. Cosa ci vuole a portare il defogliato al mercato, attrezzato però con una centrale di compostaggio? Sembra assurdo, ma uno dei risultati della gigantesca macchina del ciclo dei rifiuti pensata in Campania, è che se un Comune vuole fare compost con la sua “frazione umida”, deve spedire i sacchetti in Sicilia. Bene ha fatto Bassolino a nominare assessore all’ambiente Walter Ganapini, un esperto ambientalista, che tra le prime cose ha scovato centrali di compostaggio ferme e impacchettate, mai usate in omaggio ad una logica e ad una catena d’interessi favorevole al trasporto e all’incenerimento del Tal quale. Recuperiamo vecchie pratiche; che senso ha che i ristoratori campani mandino milioni di bottiglie l’anno, alla raccolta diferenziata, per squagliarle e riprodurre bottiglie? Perché non ritornare ai “vuoti” restituiti, anche con appositi servizi di recupero, stoccaggio e sterilizzazione. Ho seguito il piano di raccolta diferenziata di un piccolo comune cilentano. Lì da sempre l’umido si dà agli animali ed al terreno e, a parte l’estate, la produzione di rifiuti indiferenziati è scarsa. Si è stabilita una diferente tarifa di smaltimento per chi dà l’umido e per chi lo smaltisce da sé. La soluzione incentiverà forse il ricorso a compostiere, per gli alberghi e i campeggi della costa. Al posto della vecchia discarica si collocheranno dei grandi contenitori dove accumulare la raccolta diferenziata, in attesa che diventi dimensionalmente trasportabile. Comuni di questa dimensione rappresentano il 10% della popolazione campana, tutti insieme possono apportare un discreto aiuto al problema. Infine, una considerazione sulla diossina e la mozzarella. La mozzarella campana è la più controllata da numerosi enti, specie nelle zone dove ci sono siti inquinati censiti e pubblicati su internet (non ho visto analoghi censimenti così di pubblico dominio in altre regioni, ma forse non sono informato). Chiediamo che dovunque, in Campania e nel resto d’Italia, i prodotti siano intensamente controllati. Il latte diossinico viene sequestrato e i capi abbattuti. Poi si scopre che, in qualche caso, il latte sequestrato è finito lo stesso nella mozzarella, grazie a “distrazioni” nelle procedure burocratiche. Ed è questo il punto centrale! Bisogna alzare la soglia d’indignazione ed abbassare quella delle logiche corporative e della penetrazione della politica nel mercato. Chiudere dieci aziende agricole, per salvarne mille è oggi un imperativo irrinunciabile. L’insieme delle considerazioni precedenti, riguarda certo la Campania, ma ci riguarda tutti. Processi a catena distruttivi, possono annidarsi in molte decisioni pianificatorie, in campi d’azione molto vari. Delegare processi, frantumarne e settorializzarne le componenti, attraverso pianificazioni separate, finisce per alimentare interessi che possono illudere sul consenso che generano, ma che, facilmente, alla lunga, si rivelano disastrosi. La crisi dei rifiuti della Campania insegna molto a tutto il Paese. Se compro un telefonino, mi ritrovo la scrivania piena di rifiuti diversi (carta, polistirolo, cartone, fili metallici). Possiamo immaginare un’infinita e crescente capacità di riciclo? Sembra che lo sviluppo della raccolta differenziata stia mettendo in crisi l’economia gestionale d’alcuni termovalorizzatori. Forse è in discussione il nostro modo di produrre, impacchettare, promuovere prodotti, e consumare. Potremmo partire da un altro punto di vista: trasformare le nostre azioni in “doni alla terra”, ad una terra esausta che si è avviata a distruggerci, e che, invece, dovremmo sentire più nostra, a partire dall’uso del territorio e delle sue risorse.